Mario Battistella, il poeta del tango

Intervento di Liviana Loatelli del 12 dicembre per il Congreso Nacional de Tango 2020

L‘Academia Nacional del Tango, nell’anno del 30° anniversario dalla sua fondazione, celebra il suo Congresso annuale dedicato al maestro Horacio Ferrer con il Congreso Nacional de Tango 2020. Uno spazio di riflessione, analisi e divulgazione intorno agli aspetti storici e attuali dell’universo culturale del tango, riunendo relatori ed esperti da ogni parte del mondo. Quest’anno la nostra Liviana Loatelli parteciperà come relatrice, con un intervento dedicato a Mario Battistella, il poeta del tango. La partecipazione al convegno, online e gratuita, sarà domani, sabato 12 dicembre sulla pagina dell’Academia Nacional de Tango, alle ore 18 (ora italiana). Riportiamo qui di seguito un estratto dell’intervento della prof.ssa Loatelli.

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Mario Battistella, il poeta del tango
Intervento di Liviana Loatelli del 12 dicembre per il Congreso Nacional de Tango 2020

“La mia ricerca, che è convogliata in un libro pubblicato qualche anno fa, ha come protagonista un uomo che è emigrato dall’Italia, è arrivato in Argentina e lì ha dedicato la sua vita al tango: Mario Battistella. Sono arrivata a lui in maniera quasi fortuita, in quanto, col mio ensemble di tango argentino “Alma Migrante” di cui sono pianista e fondatrice insieme a mio marito violinista, nel 2012 abbiamo iniziato ad occuparci di compositori di tango veneto argentini. Volevamo, infatti, conoscere quali erano i musicisti di origine veneta che hanno scritto tanghi considerando il fatto che moltissimi musicisti di tango sono italiani o di prima o di seconda generazione. E’ affiorato quindi il nome di Mario Battistella, insieme ad altri, Manlio Francia e Josè Bragato. Fin da subito, mi ha affascinato la storia di Battistella, soprattutto perchè è nato e vissuto fino a circa 10 anni in un paese non molto lontano da Verona, ma che, curiosamente, aveva perso quasi totalmente la memoria di questo suo conterraneo diventato il braccio destro dell’icona del tango argentino, Carlos Gardel. Ho iniziato le mie ricerche sul posto, per cercare di delineare meglio i contorni di questo artista, partendo dagli archivi parrocchiali e comunali e, inoltre, parlando con la gente di Monteforte d’Alpone: ebbene, quasi nessuno ne aveva sentito parlare, addirittura si pensava che si fosse dedicato al flamenco; certamente, era rimasta la memoria della famiglia dei Battistella, calzolai di professione, che nei primi anni del 900 si erano imbarcati per l’America.

Immagine tratta dal libro “Voci migranti” di Liviana Loatelli

Ricostruendo le tappe dei loro spostamenti attraverso gli archivi dei comuni vicini, ho visto che le notizie si interrompono nel 1901 in un paese in provincia di Vicenza: qui si era fermata la sua famiglia, nel viaggio di migrazione, ma poi non si sa più nulla perché gli archivi, all’epoca, non registravano con puntualità e precisione dati al di fuori di atti di nascita, battesimo e morte. Le numerose sue biografie che circolano nel web, soprattutto nei siti dedicati al tango, lo danno approdato in Buenos Aires nel 1910, all’età di 17 anni, quindi. Quasi tutte si concentrano sulla sua attività di paroliere al fianco di nomi di prim’ordine, come Alfredo La PeraMariano Mores e Carlos Gardel. Quasi nessuna si sofferma sulla sua infanzia italiana o sulla sua realtà di migrante o sui suoi studi. Poco o nulla viene detto riguardo i suoi studi, la sua formazione e quasi nessuna parla della sua attività di musicista compositore, nonostante oltre il testo abbia scritto anche la musica di alcuni tanghi. Certo è che ci sono molte differenze tra biografie italiane e spagnole-argentine.

Sicuramente già da molto giovane parlava benissimo l’inglese e il francese. Fu proprio questa sua facilità nell’imparare le lingue che gli diede il lasciapassare oltreoceano per lavorare nel mondo dello spettacolo e in particolare come paroliere, soprattutto dopo aver imparato lo spagnolo, una in Argentina: iniziò a farsi conoscere proprio come traduttore per le case editrici e per le case cinematografiche, traducendo anche canzoni italiane e francesi in spagnolo.

Il dato su cui le varie biografie concordano è il suo debutto artistico nel mondo del teatro, nel 1922, con un’opera scritta insieme a Francisco Bohigas per lo spettacolo  Do-Re-Mi-Fa-Sol-La-Si per il teatro “Variedades”; con lui ne compose molte altre e tra le più riuscite si ricordano El Profesor Trombini, Aflojále que Colea, Las papas están que queman. Proprio in questo teatro, nello stesso anno, conobbe il personaggio che più di tutti contribuì a dargli popolarità e fama: l’emblema del tango-canción,  cioè Carlos Gardel.

Ma fu proprio insieme a Gardel che iniziò un profondo sodalizio che portò alla nascita di tanghi riuscitissimi, scritti anche grazie alla collaborazione di altri parolieri di spicco come Alfredo La Pera, Marcel Lattés e Angel Maffia. Ecco che vedono la luce brani intramontabili, come Melodia de arrabal, Me da pena confesarlo, Cuando tu no estas, Mañanita de sol, Criollita de mis amores.

Nel 1932 fu a Parigi, come traduttore per la “Paramount” e proprio lì collaborò con Gardel alla realizzazione dei suoi film Melodia de arrabal, Espérame e La Casa es Seria, scrivendo con La Pera i testi dei tanghi. Questo sodalizio artistico triangolare tra Gardel-Battistella-La Pera fu tra i più fecondi nella storia del tango. Di lì a poco, Gardel e Battistella,  firmarono a Milano un contratto con la casa discografica “Ricordi” per la pubblicazione dei brani musicali e dei film.

Mario Battistella muore a Buenos Aires il 10 ottobre 1968.

I suoi testi sono più di 250 e quello che emerge da essi è una poesia fine, elegante, fatta di piccoli particolari mai scontati, ma, coinvolgente ed appassionante; una pittura non sgargiante o espressionista, come invece è quella di molti altri testi di tango, ma piuttosto colorata con tinte pastello. Solo pochi testi sono vergati da espressioni forti e dirette, ad esempio, Pinta brava, il primo della sua produzione e uno degli ultimi, Bronca. Di tanghi come Despojos e Jaulita de oro ha composto anche la musica.

Un testo, tra i più conosciuti, che dipinge in immagini evocative alcuni dei luoghi del tango, come la strada, è senz’altro Melodia de arrabal (Tango canción del 1932, con testo scritto insieme ad  Alfredo La Pera,  musica di Carlos Gardel).

Testo melanconico e sognante, è una sorta di inno al quartiere: anima viva e brulicante di gente, ma profondamente inquieta. Si apre con un fotogramma che ne riproduce vividamente suoni e immagini: “quartiere inargentato dalla luna, | rumori di milonga | è tutta la sua fortuna”. Già è implicito il legame del quartiere con la realtà del tango e, in particolare, è la vita notturna che coglie Battistella: sono colori, luci fioche, tracce di rumori che accendono di vita la strada.

E’ la “canzone del vecchio borgo”, come recita uno dei sottotitoli di questo brano, depositato alla Sadaic.

Quartiere, dunque, come rifugio e come alter ego, ma anche luogo inquieto e per gente di malaffare nel quale continuamente riecheggia una melodia. Ma qualsiasi nota negativa lascia il posto al più intimo e sentito gesto di riconoscenza verso questo nuovo mondo:

Vecchio…quartiere… | Perdonami se nell’evocarti | mi scappa un lacrimone, | che rotolando sul tuo selciato | è un bacio prolungato | che il mio cuore ti dà”.

Il barrio è cantato dunque come luogo di aggregazione e di ricerca spasmodica di una nuova identità, di un inserimento in un tessuto sociale estraneo, di incontri, leciti e meno leciti, di violini e di bandoneones. El arrabal, il quartiere di periferia, è uno degli sfondi predominanti di tanti brani di tango, come, solo per citare un esempio, di Barrio de Tango di Anibal Troilo e testo di Homero Manzi, del 1942.

Il legame viscerale che si instaura con gli oggetti del passato, in particolare dell’infanzia, è cantato da Battistella in un altro testo, “Medallita de la suerte”, scritto nel 1933 e musicato da Gardel e Razzano.

La cornice è sempre la constatazione di una realtà presente che deturpa l’animo dell’uomo, attirato dal denaro che diventa il male di ogni cosa e che va a far risaltare ancora maggiormente la protagonista: una medaglietta donata in culla dalla madre, simbolo di purezza, del candore infantile, dell’attaccamento viscerale alle proprie origini, fino a diventare una ninna nanna, una luna bianca, un fiore, una speranza, e la canzone di commiato da questo mondo.

Ma Battistella è anche un fine cantore dell’amore: spesso viene cantato un amore romantico, potremmo dire, sognante; mancano quasi del tutto i tratti più erotici, per lasciare posto a notti di stelle e fiori odorosi, come nel testo di Tiernamente.

Un testo che vale la pena ricordare, nonostante sia uno dei meno conosciuti di Battistella è Despojos, del quale è autore sia del testo sia della musica, il titolo è Despojos. Probabilmente è del ’29, uno dei primi testi, quindi. Racchiude tutta la vena poetica di Battistella, la sua capacità di creare una poesia in cui le parole sono scelte accuratamente, di per sé particolarmente evocative, per suggerire all’ascoltatore immagini vivide, ma intime e delicate:

Spoglie

Non ti avvicinare a me bambina candida e buona

che tengo l’anima dura per il tanto soffrire,

voglio essere solo, con le mie pene

e nel silenzio eterno di un triste imbrunire;

non ti avvicinare a me che vivo nella penombra,

non lasciare che il mio alito appanni la tua bellezza,

prosegui il tuo cammino che soave si illumina

con la radiante aurora della tua giovane età.

Spoglie di una vita

che ha sofferto il male degli amori,

uguale a un giardino senza fiori,

solo ispira compassione.

Vai via!

Te lo imploro come amico

nonostante se ne vada con te

la mia ultima illusione.

Solo col mio dolore continuerò a cantare

come una dolce immagine che è giunta insieme a me

e nei miei dolenti versi che creo singhiozzando

imprimerò l’affetto che sento per te;

ma se col tuo amore mi strappi le spine

che il male sopra la mia fronte senza compassione inchiodò,

nel giardino della mia anima, così abbandonata e già diventata rovine

fioriranno i gigli che la tua mano piantò.


Vale la pena proporre una riflessione su alcuni suoi testi di denuncia sociale: Battistella viene ricordato soprattutto per questi tanghi che denunciano le problematiche della Buenos Aires dell’epoca, ma nonostante le tematiche siano scottanti, niente in lui è eccessivo o volgare. Differenti sono gli aspetti trattati, come l’inno alla statura morale come unica misura di ricchezza in Pobre rico, la denuncia della visione sessista in Martir, il pericoloso capovolgimento dei costumi, la decadenza morale e l’arrivismo in Bronca e, infine, in quello che forse può essere considerato il testo più acclamato dai suoi contemporanei, Al pie de la Santa Cruz, la scottante questione operaia. Non è un caso che proprio questo testo venga proibito in Argentina e in Cile dalle dittature militari degli anni Settanta, perché considerato sovversivo. La sua fama di “voce di chi non ha voce” correva talmente tanto per le strade dei barrios che si diceva che la verità sulle questioni civili e sociali si poteva conoscere dai testi di Battistella e non dai quotidiani.”

Liviana Loatelli ha dedicato la sua ricerca alla riscoperta e alla valorizzazione del tango argentino con il progetto Alma Migrante – ensemble di tango argentino, assieme al marito Leonardo Bellesini. E’ autrice del libro Voci Migranti – Mario Battistella il poeta del tango.

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